Critica di Federico Napoli

Presentazione della mostra “Gli occhi sul mondo”

Associazione Culturale GADARTE, Firenze 1998

 

Gli occhi sul mondo

                        Il mondo visibile non ci inganna: con questo assunto (tratto dal mondo filosofico) di Roberta De Monticelli – o con quanto a monte lo ha determinato – idealmente pare raffrontarsi di continuo la pittura di Paolo Vannini. Con due processi opposti di avvicinamento, cioè con i soggetti prediletti (comunque, non esclusivi) del paesaggio e della natura morta, l'autore giunge al medesimo punto focale: partendo dal primo è come se si ritagliasse un angolo privilegiato (e appartato) di osservazione per riprodurre la costruzione volumetrica della natura nei suoi vari aspetti, talvolta restando un attento osservatore e selezionatore di immagini, talaltra come entrando dentro il soggetto stesso che così lo avvolge ed ingloba. Partendo, invece, dalla natura morta, Vannini compone lui stesso la realtà scegliendo ed accostando fra loro gli oggetti della composizione,

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Critica di Gian Carlo Iosimi

Presentazione della personale “Il mio verde fuori le mura”

Galleria Cortina, Roma, 1997

 

 

L'anima della Natura

             La natura ha un'anima? E' questo un interrogativo di non facile soluzione, che, tuttavia, dato il suo rilevante interesse, può e deve essere affrontato e scandagliato.

            Quando la Natura ancora entrava nei cuori puri e semplici degli uomini, il paesaggio toscano su tutti riviveva la sua austera realtà, discendendo dagli occhi ai pennelli, giù giù sino alle tavole ed alle tele di Giotto, Masaccio, Piero, Paolo Uccello, Leonardo, Pontormo, Sebastiano Ricci e poi, via via, nei secoli, sino ai macchiaioli Lega, Signorini e Fattori e, ai nostri tempi, Rosai e Soffici.

            Paolo Vannini, fra i contemporanei, risponde positivamente all'interrogativo iniziale; egli, infatti, si ricollega per un verso alla grande tradizione “naturalistica” toscana, antica ed attuale coi suoi paesaggi ove appaiono isolate case coloniche contornate da austeri cipressi (penso in particolar modo ai quadri di Soffici: “Casa del Torrigiani”, “Il Concone” e “Casa del Berna”) e lecci e pioppi e forre bombate e grandeggianti, verdi di infinite sfumature. Mi riferisco in particolare a “L'Ombrellone”, grossa quercia a forma d'ombrello, alla cui sinistra si stagliano le “guglie” di alcuni cipressi e una casetta rossa.

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Critica di Giulia Ballerini

Presentazione della mostra “Vissuto e reale”

Art Esplanade Incontri, Viareggio, 2008

 

Vissuto e reale

            E' intima e personale la pittura di Paolo Vannini.

            Lo si capisce quando si entra nel suo studio. In un angolo, un tavolino basso è il teatro per disporre gli oggetti che diventeranno protagonisti delle sue tele: brocche, vasi, bocce da biliardo.

            Accanto, quasi fossero degli specchi, i quadri che riflettono quelle nature morte, nate all'interno dello studio, partendo da oggetti semplici e personali, riflesso del quotidiano. Quei vasi saranno spesso riempiti dai fiori del proprio giardino, le ortensie, che il Vannini ama per quelle forme volumetriche rotonde e ampie, che ben si confanno alla semplificazione formale alla quale il pittore sottopone tutto il vissuto e il reale.

            E' così anche quando si osservano i quadri che hanno per tema il paesaggio; non più tele nate all'interno dello studio, eco di una memoria o di un ricordo, ma una pittura tutta en plein air, proprio come nella migliore tradizione impressionista.

            Quest'ultima corrente artistica è amata da Vannini; nelle nature

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