Critica di Gloria Fossi

Presentazione della mostra “Il colore e la memoria”

ex Biblioteca Comunale di Ronta, 1996

 

            Diceva il grande Leonardo che “l'azzurro e il verde non sono di per sé semplici, perché l'azzurro è composto di luce e di tenebre; come è quel dell'aria, cioè nero perfettissimo e bianco candidissimo. E il verde è composto d'un semplice e d'un composto, cioè si compone d'azzurro e di giallo”.

            Sono trascorsi cinque secoli da quelle riflessioni, poi confluite nel celebre “Libro di Pittura” leonardesco. E farà forse piacere a Paolo Vannini, così appassionato sperimentatore delle gamme dei verdi e degli azzurri, sapere che proprio in alcuni dei luoghi da lui frequentati (poi vedremo quali) si dice che Leonardo possedesse una vigna, forse una casetta. Ma certo saprà, Paolo Vannini, appassionato pittore en plein air, che poco sopra quella vigna, su uno dei colli fiesolani dolcissimi (fra i più cari anche a chi scrive), Leonardo compiva alcuni dei suoi ardui sperimenti sul volo degli uccelli.

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Critica di Maria Pia Campioni

Presentazione della mostra “1997 – 2008: un percorso attraverso la 'natura morta'”

Associazione Culturale GADARTE, Firenze, 2008

 

1997 – 2008: un percorso attraverso la “natura morta”

            Il lungo percorso artistico di Paolo Vannini si svolge nel tempo secondo una linea precisa e coerente sia di ricerca tecnica sia di approfondimento espressivo. Tale volontà di raggiungere un modo proprio di raccontare si evidenzia fin dagli anni lontani di apprendistato con H. J. Staude, quando i paesaggi degli amati colli fiorentini vengono in un primo tempo “fotografati” nel loro essere oggettivo, poi rivisti, riletti, interpretati secondo lo stato d'animo di chi li ritrae; la pennellata diviene allora meno rigida a sottolineare la precisione del disegno, ma più fluida, quasi sfumata, così da suggerire come un senso d'irrealtà, di sogno.

            La presente mostra – organizzata cronologicamente attorno ad un solo genere pittorico, la “natura morta” - chiarisce ancora di più tale percorso culturale-emotivo e tecnico-pittorico di Paolo Vannini. La scelta di tale genere, infatti, è di per se indicativa di una sicura maturità artistica

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Critica di Mario Bucci

Presentazione della mostra “Paesaggi e dialogo”

Associazione Culturale GADARTE, Firenze, 1998

 

Paesaggi e dialogo

            Sono nella memoria di tutti quelli che “frequentano” la pittura del nostro Ottocento o del primo Novecento i paesaggi dei macchiaioli, che emigravano dal Caffé Michelangelo in via Cavour (allora via Larga) sulle colline intorno a Firenze, verso Fiesole e Settignano, armati solo di tavolozza, pennelli e qualche tavoletta tascabile. Guardavano i campi, le prode e le macchie di querce, di lecci, le nuvole argentate degli ulivi che si arrampicavano verso una casa colonica, verso una cresta di cipressi scuri, ogivali.

            Sembra che il paesaggio dei colli fiorentini sia rimasto appeso al ricordo indelebile, cristallizzato di quel paesaggio divenuto ormai storia.

            Per venire più vicini a noi, abbiamo già superato e catalogato il paesaggio di Soffici, mosso e sfocato da brividi tardo impressionisti, e quello più sintetico, architettonico, costruito di volumi precisi, di Ottone Rosai, reduce dalle esperienze futuriste, memore sempre del nostro Masaccio

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