Critica di Renato Civello
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- Categoria: Critiche
Estratto da “Il Secolo d'Italia”, rubrica “Idee e immagini”
giovedì 30 ottobre 1997
I paesaggi “fuori le mura”, personale di Paolo Vannini (la natura metafisica del noto artista fiorentino)
Autorevolmente presentato da Vittorio Sgarbi e Gian Carlo Iosimi, un pittore molto apprezzato da chi se ne intende, il fiorentino Paolo Vannini, allievo di Hans-Joachim Staude, un celebrato maestro tedesco che ebbe studio per molti anni a Firenze, ha allestito nella romana galleria “Cortina” una personale di innegabile rilievo fra quelle che contano. Mentre Sgarbi ha individuato nell'opera dell'artista toscano, tutta costituita da recenti acrilici sul tema del paesaggio “fuori le mura”, un'ariosa, positiva confluenza dei valori cézanniani e di “Strapaese”, Iosimi ha privilegiato l'esplorazione estetico-speculativa, chiamando in causa per la pittura di Vannini l'esoterismo e l'Anima della natura. Concordo con l'uno e l'altro critico che sarebbe troppo sbrigativo ed improprio indurre come referente del linguaggio di Vannini il naturalismo tradizionale: molti elementi, e compositivi e luministici, di contenuti e d'atmosfera, dichiarano la singolarità di un pittore di buona razza, culturalmente e stilisticamente autonomo, che guarda al passato, ma senza lasciarsene passivamente irretire.
Ma vorrei chiarire che, a dispetto di certe presenze insospettabili e senza dubbio inquietanti che rendono magicamente anomala questa pittura (alberi e cespugli che si trasformano in orsi, in cani, in ranocchi, in ballerine,